GuitArt / 79
Luglio/Settembre 2015
Anno Diciannovesimo
INCONTRO CON
ALBERTO LA ROCCA
di Leonardo Marino
Il CD realizzato per la GuitArt collection ci presenta un mondo compositivo che potremmo definire in maniera riduttiva “minore”, ma di grande fascino, può parlarci della genesi e l’idea che è alla sua base?
Ho sempre trovato poco stimolante cimentarmi con il repertorio più diffuso, preferendo dedicarmi a capolavori sconosciuti. I quattro autori li ho scoperti un po' per caso, cercando repertorio per chitarra in internet. Mi sono imbattuto con spartiti di molti compositori pressoché ignoti ma spesso di grandissima qualità, tanto è vero che ho pensato che alcuni di loro meritassero di essere incisi e diffusi.
Trovo comunque che questi autori che ho registrato non possano essere definiti in nessun modo "minori"; la qualità della loro musica è a mio avviso del tutto paragonabile ai chitarristi-compositori romantici e tardo-romantici più noti (Coste, Mertz, Regondi, Tàrrega, Barrios, Mozzani...); penso quindi che sia arrivato il momento di riscoprire e valorizzare questa letteratura inspiegabilmente dimenticata.
Non mi fermerò comunque a questi quattro compositori; ho in cantiere altre incisioni di musica di grande spessore artistico e del tutto ignorata.
Luglio/Settembre 2015
Anno Diciannovesimo
INCONTRO CON
ALBERTO LA ROCCA
di Leonardo Marino
Il CD realizzato per la GuitArt collection ci presenta un mondo compositivo che potremmo definire in maniera riduttiva “minore”, ma di grande fascino, può parlarci della genesi e l’idea che è alla sua base?
Ho sempre trovato poco stimolante cimentarmi con il repertorio più diffuso, preferendo dedicarmi a capolavori sconosciuti. I quattro autori li ho scoperti un po' per caso, cercando repertorio per chitarra in internet. Mi sono imbattuto con spartiti di molti compositori pressoché ignoti ma spesso di grandissima qualità, tanto è vero che ho pensato che alcuni di loro meritassero di essere incisi e diffusi.
Trovo comunque che questi autori che ho registrato non possano essere definiti in nessun modo "minori"; la qualità della loro musica è a mio avviso del tutto paragonabile ai chitarristi-compositori romantici e tardo-romantici più noti (Coste, Mertz, Regondi, Tàrrega, Barrios, Mozzani...); penso quindi che sia arrivato il momento di riscoprire e valorizzare questa letteratura inspiegabilmente dimenticata.
Non mi fermerò comunque a questi quattro compositori; ho in cantiere altre incisioni di musica di grande spessore artistico e del tutto ignorata.
Ha avuto dei riferimenti interpretativi nello studio di questo repertorio, intendiamo altri esecutori storici che si sono cimentati nell’interpretazione di questi autori?
No, all'epoca dell'incisione non ho trovato esempi di altre esecuzioni. E questa situazione è stata alla stesso tempo una sfida e una soddisfazione; cioè quella di partire da zero per trovare una chiave interpretativa di ogni autore e di ogni singolo brano.
Ho avuto peraltro dei modelli interpretativi "indiretti", che sono stati i grandi interpreti (direttori d'orchestra, pianisti, violinisti, cantanti...) del repertorio romantico, nel quale mi sono calato nel periodo precedente all'incisione, con un approfondito lavoro di ascolto unito alla lettura delle partiture.
Solo a registrazione ultimata ho scoperto delle recenti incisioni di alcuni pezzi di Rung, Albert e Shand, ma tutte effettuate secondo criteri molti diversi dai miei.
Passando ad altro conosciamo la sua attività di compositore e la sua attenzione al mondo dell’improvvisazione, un discorso che interesserà molti dei nostri lettori; può parlarcene?
Definirmi "compositore" mi sembra azzardato; diciamo che mi diverto a giocare con i suoni combinandoli insieme.
Personalmente mi sono sempre sentito limitato ad occuparmi solo di interpretazione (che comunque faccio con passione e dedizione), ma ho sentito il bisogno di cimentarmi anche con diverse altre attività musicali come la musicologia, la ricerca didattica, la divulgazione, la composizione e l'improvvisazione. Solo così mi sento realizzato al cento per cento come musicista; la composizione in particolare mi dà molta soddisfazione perché mi dà la possibilità di creare un mio personale mondo musicale, anziché limitarmi ad interpretare quello di altri autori.
Del resto i musicisti nel corso dei secoli sono sempre stati delle figure professionali a 360 gradi; tutti loro sapevano suonare, cantare, improvvisare, comporre e magari danzare; solo dal tardo Ottocento ha avuto luogo una progressiva specializzazione in un solo settore musicale, per cui si è arrivati alla situazione in cui gli esecutori non sapevano comporre, i compositori non tenevano concerti e via dicendo. Oggi si è decisamente tornati alla riaffermazione del musicista "globale", cioè che crea musica e allo stesso tempo non ha perso il contatto diretto col pubblico.
Purtroppo però quell'abitudine alla specializzazione estrema non si è ancora del tutto estinta, a partire dall'ambito scolastico. Secondo un preconcetto diffuso, ad esempio, uno studente di musica deve innanzitutto occuparsi di interpretazione ed eventualmente - solo dopo molti anni di studio dello strumento - potrà anche accedere allo studio della composizione. Penso al contrario che tutti quelli che studiano musica dovrebbero anche crearne fin dal primissimo approccio.
Per quanto riguarda lo stile delle mie composizioni, cerco di non seguirne uno, ma di esprimermi con un mio personale linguaggio. Mi piace però effettuare una sintesi degli elementi di ogni genere musicale che trovo più interessanti: l'autenticità della musica popolare, la piacevolezza del pop, la spontaneità del jazz, l'energia del rock, la fantasia dell'avanguardia, in un continuo dialogo tra la ricchezza del passato e l'attualità del presente.
Spesso nella mia musica i concetti di composizione e improvvisazione convivono e sono difficilmente separabili, perché calati in un nuovo rapporto tra la fissità della scrittura e l'aleatorietà dell'invenzione estemporanea.
Mi capita spesso di insegnare l'improvvisazione, non solo a chitarristi ma anche a gruppi eterogenei di strumentisti diversi e cantanti, anche principianti. I risultati delle loro prime improvvisazioni sono incredibilmente belli e ispirati; questa è una conferma inequivocabile che anche i principianti posso creare musica.
La sua attività di compositore, per quanto ci risulta, è volta anche a valorizzare i legami con altre forme artistiche; in che modo crede che ciò possa avvenire?
Siamo abituati a considerare la storia della musica separata da quella delle altre arti ma, se le confrontiamo, vediamo invece che i punti di contatto sono frequentissimi. Le arti sono sempre state "sorelle" e gli artisti di diversi settori hanno spesso lavorato a stretto contatto. Basti pensare all'amicizia e collaborazione tra Stravinskij e Picasso, tra Schönberg e Kandinskij, tra Russolo e Marinetti, tra Cage e Cunningham, tra Greenaway e Nyman e tanti altri. Le collaborazioni tra pittori, letterati, poeti, registi, musicisti, danzatori avvengono abitualmente e ogni arte si sviluppa e si arricchisce proprio nel confronto con le altre arti.
Nel corso della mia attività compositiva anch'io mi sono spesso avvalso della collaborazione con artisti di altre arti, come pittori, fotografi, danzatori e attori. Inoltre la mia musica è ispirata di frequente ad artisti non musicisti come Blossfeldt, Haring, Francesconi, Warhol, Ballardin, Bacon...
Tengo spesso anche degli incontri divulgativi di guida all'ascolto in cui confronto i percorsi della musica con quelli delle altre arti nell'epoca contemporanea. Il pubblico è sempre piacevolmente sorpreso nello scoprire che anche nella musica esistono esempi di impressionismo, futurismo, espressionismo, dadaismo ecc.
Abbiamo visto con curiosità, osservando il suo sito web, che è un artista a tutto tondo, oltre che musicista, pittore, disegnatore ed appassionato di calligrafia…siamo molto curiosi di saperne di più…
Ho sempre avuto una particolare predisposizione per il disegno, che in passato coltivavo solo tra le mura domestiche. Ultimamente ho provato a dedicarmi professionalmente sia al disegno che alla pittura; gli apprezzamenti e le continue commissioni mi stimolano decisamente a proseguire anche in questa strada. La calligrafia è solo un'abilità spontanea, che anch'essa però mi frutta frequenti commissioni.
La creatività sembra un po’ il filo conduttore della sua attività artistica in generale e anche il criterio che ha ispirato la sua ricerca didattica e quindi il suo metodo…
La creatività dovrebbe essere alla base di ogni attività artistica, compresa quella musicale, ma ce ne dimentichiamo troppo spesso!
Per quanto riguarda la didattica strumentale di base, ne ho una visione molto personale; cosa che mi ha spinto a riformulare l'impianto dello studio chitarristico iniziale secondo una nuova ottica e quindi per forza di cose a creare un testo che fosse in linea col mio pensiero.
Noi tutti sappiamo bene che non esiste un unico modo di suonare la chitarra, ma anzi che, nei diversi generi musicali, le tecniche, i repertori, le competenze e i modi di approccio sono molto diversi: ad esempio nel "classico" sono richieste abilità di lettura e interpretazione, nel jazz capacità improvvisative, nel pop la capacità di accompagnare con accordi ecc. Mi sono infine chiesto quale tipo di approccio fosse quello corretto in fase iniziale di studio, per lo studente che non avesse già fatto una scelta precisa. Sono arrivato alla conclusione che nessuno degli approcci legati ai diversi generi sia migliore degli altri, perché in ogni caso si tratta di "specializzazioni". La specializzazione dovrebbe essere riservata ad un momento avanzato dello studio, mentre la fase iniziale dovrebbe essere di tipo "orientativo": Essa cioè dovrebbe favorire la conoscenza diretta dei diversi "mondi" musicali, fornendo allo stesso tempo le abilità di base di ogni futura specializzazione, un po' come avviene normalmente nella scuola tout court. Sono venuto così ad ideare un percorso di base che si allarga ad includere i più diversi repertori, le più diverse tecniche e abilità musicali: musica "colta" e popolare, antica e moderna, capacità di lettura ma anche di improvvisazione, arrangiamento e composizione... Col passare degli anni lo studente dimostrerà un interesse e una predisposizione particolare per certi generi, repertori o attività musicali; in questa fase successiva potrà allora specializzarsi in modo consapevole e sarà in possesso di basi musicali versatili. Un percorso del genere eviterebbe anche quelle disaffezioni allo studio e quegli abbandoni che si verificano purtroppo molto spesso, che sono principalmente causati da un approccio iniziale di tipo specialistico, scelto per di più in modo del tutto casuale o imposto dall'alto.
È in quest'ottica che si spiega il mio approccio alla chitarra anche tramite la creatività, in quanto è un'abilità di base per molti ambiti e generi musicali (nel jazz e nel pop ma anche in molta musica antica e contemporanea). Il mio testo infatti contiene molte unità didattiche "a tutto tondo", che richiedono allo studente capacità di esecuzione, interpretazione, improvvisazione, composizione, ascolto e approfondimento. Inoltre, per non isolare la musica dalle altre arti, come dicevamo prima, ho voluto inserire frequenti collegamenti e attività interdisciplinari.
Del resto da circa un secolo tutti i maggiori didatti della musica (da Dalcroze, Orff e Kodály fino ai più recenti) sostengono l'importanza della creatività; e anche le indicazioni programmatiche ministeriali delle Scuole secondarie ad Indirizzo Musicale e - si badi bene! - dei Conservatori post-riforma prevedono attività creative oltre che esecutive. Che sia arrivato il momento di aggiornarci?
Certo è che per gli insegnanti di stampo accademico il mio testo può apparire quanto meno "strano"; mentre constato con piacere che è molto apprezzato degli studenti.
Passando ad altro, lei è docente di chitarra al Conservatorio di Adria, come vede l’impianto attuale dei conservatori e che pensa del futuro di questa istituzione?
A mio avviso c'è molto lavoro da fare. La riforma è spesso vista come una sciagura che non offre nulla di buono; io al contrario penso che dobbiamo approfittare di questa novità per rivedere il precedente impianto didattico e aggiornarlo secondo le recenti conquiste della didattica musicale.
Abbiamo ad esempio la possibilità di rivedere i programmi di studio; sarebbe un atteggiamento pigro e controproducente quello di riproporre nei nuovi corsi i programmi del vecchio ordinamento, senza prima chiedersi se ci sono degli aspetti che possono essere migliorati.
Ad esempio io trovo che nei vecchi programmi - al di là degli innegabili aspetti positivi - non ci fosse però equilibrio tra le epoche stilistiche e ci fossero dei "buchi" nel repertorio; il programma di studio ad esempio ignorava quasi del tutto il romanticismo; la musica contemporanea era decisamente scarsa rispetto a quella del primo Ottocento. Poca e non continuativa anche la musica rinascimentale e barocca. Alcuni compositori importanti non erano nemmeno nominati (Matiegka, Coste, Mertz, Arcas, Barrios oltre a tanti altri) mentre andrebbero secondo me senz'altro inseriti. La prescrizione dei numerosi pezzi d'obbligo rendeva inoltre il programma a tratti rigido e poco adattabile. C'è infine da considerare la continua scoperta di repertorio (si pensi ad esempio all'"archivio Segovia") o alle recenti composizioni, che dovrebbero poter rientrare nel programma di studio.
Da quando insegno al conservatorio ho quindi cercato di aggiornare i programmi per i nuovi corsi pre-accademici e accademici, con l'obiettivo principale di dare spazio equo ai repertori delle diverse epoche e da rendere più elastica la scelta da parte di insegnanti e allievi. Ne sono una prova i programmi in vigore ora nel Conservatorio "Buzzolla" di Adria, effettuati in collaborazione con i colleghi dell'epoca.
Il CD "Fogli d'album" è stato inciso con una chitarra decacorde accordata in modo particolare; abbiamo appreso inoltre che lei non pizzica le corde con le unghie ma con dei ditali. Ce ne vuole parlare?
Anche in questi aspetti tecnico-strumentali preferisco superare le abitudini per chiedermi di cosa ho realmente bisogno e quali sono i mezzi per realizzarlo.
Partendo dalla chitarra, ho ideato uno strumento a dieci corde che si estende non solo verso il grave (come la chitarra di Yepes, per intenderci), ma anche verso l'acuto, aggiungendo un cantino supplementare sopra il mi, accordato in la. Quindi, partendo dal basso: la, do, re, mi, la, re, sol, si, mi, la (con possibili modifiche nei bassi). Un'accordatura che a mia conoscenza non trova riscontro in altri esempi, se non una somiglianza con la chitarra a otto corde che utilizzava Galbraith tempo fa. Questa accordatura mi permette di accedere alle note acute anche nelle primi posizioni e rende possibile eseguire agevolmente molte trascrizioni antiche e moderne o composizioni scritte da autori non chitarristi. Ottima anche per la musica romantica, come quella del CD, dove spesso erano previste corde basse supplementari. Le mie composizioni poi sono fatte quasi tutte a partire da questo strumento, che offre delle soluzioni sonore impossibili sulle normali chitarre a sei corde. Va detto comunque che a volte utilizzo anche la chitarra a sei corde, soprattutto quando eseguo il repertorio standard. Ad esempio il CD che sto incidendo ora è tutto realizzato su una chitarra esacorde.
Per quanto riguarda l'uso dei ditali, si tratta di unghie artificiali in policarbonato di mia produzione che vanno inserite sulla punta delle dita senza bisogno di collanti (ma a discrezione si possono fissare con del cerotto telato); si possono quindi mettere e togliere in pochi secondi. Le unghie naturali vanno tenute corte, circa un millimetro. Il suono è più pulito e potente di quello prodotto dalle unghie naturali. La tecnica esecutiva è più solida e affidabile, dato che le unghie artificiali hanno sempre la stessa lunghezza in quanto ovviamente non crescono e si consumano molto lentamente.
Tra i vantaggi abbiamo ad esempio la possibilità di utilizzare ditali con sagome diverse (ad esempio tonda, piatta, obliqua, appuntita...) e di conseguenza timbriche differenti, da alternare magari con repertori di diverse epoche.
Dato che le unghie naturali vanno tenute corte, ciò rende anche possibile suonare anche un repertorio dove le unghie non sarebbero previste (ad esempio la musica antica, ma anche Sor...) o suonare uno strumento a tastiera. In più si evita la scocciatura della manutenzione, dell'attenzione a non romperle e il poter svolgere lavori domestici senza patemi d'animo.
Le controindicazioni: non sono adatte per il rasgueado, che risulta un po' rumoroso. C'è inoltre il pericolo di dimenticarsele e di arrivare al concerto senza (mi è capitato)!